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CERTEZZE e DUBBI
05.11.2014, USMI, Intervento di Anna Monia Alfieri

  

TAVOLO VIRTUALE

Voci diverse a confronto

CERTEZZE/DUBBI 2

05 NOVEMBRE 2014

DA  USMI

E’ il tempo della massima allerta, non solo per il costante rischio di guerre, ma per quello che le determina: una carestia di azioni coerenti e concrete, dopo l’indigestione di lodevoli e sacrosanti proclami. Il rischio c’è: lampi e tuoni – governativi e parlamentari – che si stemperano nei meandri dei Palazzi lungo tutto lo Stivale: usque tandem abutere…?

Un gioco, questo, che se prima ha abusato della pazienza degli italiani ora sta violando la dignità dell’individuo. Abbiamo una batteria di domande che non sono più dubbi poiché da tempo ormai ci è chiaro che non aprono ad alcuna certezza: sono incubi. La sensazione è quella di una impotenza di fronte all’ingiustizia miope, dirompente sorda e muta, che abbatte sul nascere la speranza del futuro: la famiglia. I dubbi che interessano la famiglia oggi, ci piaccia o no, sono alla radice di questa terribile crisi che si apre a scenari inquietanti.

La condizione della famiglia, oggi, in rapporto alla libertà di scelta educativa nei confronti dei propri figli, è molto simile ad una sorta di schiavitù. “Finché gli italiani non vinceranno la battaglia delle libertà scolastiche in tutti i gradi e in tutte le forme, resteranno sempre servi (…) di tutti perché non avranno respirato la vera libertà che fa padroni di se stessi e rispettosi e tolleranti degli altri, fin dai banchi della scuola, di una scuola veramente libera” (Luigi Sturzo, Politica di questi anni. Consensi e critiche dal settembre 1946 all’aprile 1948).

Il modesto cittadino, fruitore del pur prezioso obolo di 80 euro mensili direbbe: “Ottanta euro al mese in più, ad esempio per educare come voglio e come devo i miei figli? E in più le tasse per la scuola che ho pagato allo Stato? E dove sta la nostra scelta, come famiglia, nel servizio pubblico, statale e paritario? perché mio figlio senza mezzi economici non ha il “permesso” dello Stato di scegliersi la scuola che vuole? Perché lo Stato non mi da il “potere” di mandarlo a scuola dove voglio? E perché la Costituzione mi dice che posso e devo mandarlo dove voglio?” Di più: per quanto tempo ancora sentiremo dire a persone ormai adulte “Io in quella scuola non ci potevo andare, non ne ho avuta la possibilità economica, la libertà, diritti che lo Stato mi aveva riconosciuto e non garantito?” E, rovesciando la prospettiva della disperazione e dello sconcerto, ma restando sempre “in famiglia”: “Perché io, insegnante, lavoratore serio di scuola pubblica paritaria, coniugato e con figli, a parità di titoli accademici dei colleghi statali, pur svolgendo un servizio pubblico, sono retribuito in modo diverso? Chi devo ringraziare per questa assurda ingiustizia?” Ma non è finita: “E perché non arrivano alla mia scuola pubblica paritaria, da parte della Regione, i miseri contributi che servono alla scuola per pagarmi lo stipendio? So per certo che lo Stato li ha erogati, da mesi; so pure che onesti impiegati amministrativi dell’Ufficio scolastico si disperano perché Qualcuno non permette di accreditarli, quei contributi…” E alla fine, la fine: “Perché non ho lo stipendio da due mesi? Perché io docente di scuola pubblica statale mi vedo oggetto di sorteggio per capire se questo mese verrò pagato io o il collega? Perché io genitore che ho pagato le tasse debbo dipingere i muri della mia scuola pubblica statale? Non arrivano i fondi del Mof e neppure quelli del funzionamento? Dove è il gestore, che se fosse un gestore privato sarebbe già stato bacchettato e multato?” La differenza fra pubblico e privato è l’intoccabilità del primo e la solitudine del secondo. Però il debito pubblico aumenta e… dove vanno i soldi delle tasse sempre più alte?

Il docente sconfortato incalza: “Perchè la mia scuola chiude, per mancanza dei contributi 2012-2013 e 2013-2014, già erogati alla Regione e non accreditati alle scuole?… In fondo, si trattava di circa 500 euro ad alunno, contro i circa 7.000,00 che lo Stato spende per le sue pubbliche statali… Io resto senza lavoro, la mia scuola paritaria chiude e vende l’immobile ai russi,ma come farà, poi, lo Stato a pagare i quasi 6 miliardi di euro all’anno che gli fanno guadagnare le scuole pubbliche paritarie?” Perché se l’Italia è una Nazione fondata sul lavoro abbiamo un tasso di disoccupazione del 44.2% in Italia per i 15-24enni ?

Perché i nostri giovani non possono scegliere di sposarsi? Senza lavoro nessun mutuo. Però le banche – si dice – reggono l’economia. Perché l’evasore fiscale di uno scontrino non emesso per un euro viene giustamente scovato e punito e abbiamo evasioni fiscali e frodi milionarie note e avallate? Da che cosa dipende? Dall’entità? Dove è la certezza del diritto? Infatti, se io non ritrovo riconosciuto il mio diritto non so garantire il diritto dell’altro e dunque riconoscere il mio dovere. Ma forse questa è una risposta troppo semplice che mal si confà alle risse dei nostri parlamentari.

Perché le tasse debbono essere pagate in tempo record pena multe salatissime e le commesse pubbliche vedono lo Stato insolvente a data indefinita, senza alcuna multa, o peggio il suicidio di imprenditori che, dopo aver lavorato e consegnato, si vedono costretti a pagare le tasse su un compenso che non sanno quando arriverà? Perché sulle pensioni di 500,00 arriva la Tares, la Tasi, la Tari la Liuc e gli stipendi 100 volte maggiori di un politico che sarà presente si e no due giorni in media al Parlamento non si toccano?
Come mai la spending review tocca i cittadini e non i compensi milionari del presentatore RAI, e guai a non pagare il canone? Serve per stipendi milionari. Come mai per un allenatore di calcio il compenso di 4.1 milioni di euro l’anno ci pare ben speso mentre quotidianamente arrivano gli appelli a mezzo tv del povero disabile che deve chiedere l’aiuto dell’ “Indignato” per farsi assegnare una casa popolare al piano terra, per non restare sequestrato all’ultimo piano di un condominio senza ascensore capiente per una carrozzina?

Dove è lo stato di diritto? Dove sono i servizi sociali? Dove l’indignato della societas?

Interrogativi come macigni. Attorno ai quali, veramente, si vede un drappello con picconi e martelli pneumatici, che si affanna a sgretolarli, a scioglierli a colpi di buon senso e di logica… gente di vario colore politico che non ha tempo di andare al talk show, ma che lavora nella normalissima e civilissima forma dell’interpellanza parlamentare. Nel frattempo si muore: la famiglia di mancanza di libertà, l’alunno di privazione di un diritto, la repubblica di povertà di investimenti privati (ritenuti già ora insufficienti dal presidente Bce Mario Draghi), la scuola pubblica di depauperamento di una tradizione educativa, il professore di fame e l’imprenditore di mano propria.

E allora a gran voce si dichiari che il problema non sta nella assenza di risorse ma nell’impiego malsano di queste; non sta nella assenza di Buone idee ma nel potere del contestatore che non le vuole, pena la perdita dei privilegi. La risposta non è “spacco tutto”: guai poi a ricostruire; non è nella resa, tranne poi a rivolgersi all’ “indignato tv”, ma nella scelta di vie piane.

La Repubblica non “attribuisce” i diritti alla famiglia, all’individuo, ma si limita a “riconoscerli” e a “garantirli”, in quanto preesistenti allo Stato, come avviene per i diritti inviolabili dell’uomo, secondo quanto dispone l’articolo 2 della Costituzione.

Da qui possiamo ripartire per trovare le motivazioni giuridiche atte a riflettere ed eventualmente a comprendere come poter sanare il guasto evidente della società contemporanea, dovuto anche alla grave crisi della famiglia, rivelata dalle sue fragilità: debolezza economica, sanitaria, psicologica.

Una civiltà che non è in grado di difendere la vita dei più deboli, dei nascituri, dei più poveri e degli ammalati, uno Stato che non riconosce e non difende il diritto primordiale alla scelta in ambito educativo da parte dei Genitori, si condannerebbero – civiltà e Stato – alla disumanizzazione e finirebbero per rinnegare i principi democratici, espressi a parole nella carta costituzionale: “La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà.” (Luigi Sturzo).

                                   Anna Monia Alfieri
               Responsabile Ufficio Scuola Usmi Lombardia



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“La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà.”  Luigi Sturzo (1871–1959)

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